Il dubbio
Negli occhi dei ragazzi musulmani e in quelli dei visitatori più consapevoli e accorti, emerge spesso un’espressione di dubbio. Si tratta di un dubbio generato da ragioni e da questioni molto diverse tra loro. Per un giovane musulmano nato in Italia oppure cresciuto nel nostro Paese, le ragioni di questo dubbio sono più laceranti. Da una parte, c’è un modello sociale e politico che riconosce i diritti fondamentali della persona, l’uguaglianza tra i cittadini, la parità tra i sessi (oggi si direbbe tra generi), la libertà di religione e di coscienza, l’accesso all’educazione garantito (almeno fino ad una certa età), la libertà di espressione, senza contare un’ampia libertà sessuale. Un modello sociale, infine, che offre piene garanzie anche dal punto di vista del diritto di famiglia: esiste la possibilità del divorzio, con precise garanzie di tutela a favore delle donne e dei minori. Anche il nostro Paese si sta poi avviando verso una delle grandi conquiste della modernità, rappresentata dal riconoscimento delle unioni civili, tanto etero che omosessuali.
Il migliore dei mondi possibili? Probabilmente sì, se dall’altra parte non ci fosse una realtà un po’ diversa, che mostra l’uguaglianza tra i cittadini rispettata a tratti, una parità di genere che viaggia spesso a singhiozzo, un accesso all’istruzione che non tiene sempre conto del merito effettivo, una libertà di espressione spesso non riconosciuta (a meno che non si tratti della celebrazione delle magnifiche sorti umane progressive), senza contare una libertà sessuale che spesso si riduce alla commercializzazione dell’erotismo (quanto mancano i “Comizi d’amore” di Pasolini?). Senza parlare della condizione della famiglia tradizionale: a tale proposito, sarebbe interessante rileggere la risposta di un imam al cardinale Biffi. È in questa crisi, intesa nel senso di frattura, che si inserisce un altro modello utilizzando un sistema di comunicazione molto efficace e, a volte, tragicamente persuasivo.
La comunicazione dell’estremismo islamista fa leva sul ritorno ad un Islam delle origini, duro e puro, al di fuori di qualsiasi contestualizzazione storica. I contenuti del messaggio sono chiari: se hai perso la tua identità (magari perché sei parte della seconda o della terza generazione), siamo qui noi, pronti a restituirtela. È qui, in terra d’Islam, che puoi vedere finalmente una società di uomini (e qui la distinzione di genere è d’obbligo) uguali tra loro, dove esiste una comunità solidale nei confronti dei più deboli, l’accesso all’istruzione è garantito sempre (senza poi specificare su quale merito), dove la famiglia è restituita al posto d’onore che merita e dove la libertà sessuale è praticata (e riconosciuta sulla base del genere) entro vincoli ben precisi. Senza contare l’assoluto rispetto verso la condizione femminile, ben lontana dalla diabolica mercificazione occidentale del corpo femminile. È davanti a questi due modelli che il dubbio si insinua e prende vigore. È un dubbio giusto, che ci interroga da vicino e in modo urgente: un dubbio al quale occorre dare risposta per rispetto della persona dalla quale viene la nostra fede. I cristiani hanno fatto, dell’esperienza del dubbio, una strada verso la verità. Questi ragazzi sono nella stessa condizione di Tommaso: hanno bisogno di toccare una carne, dove i nostri valori non siano vuote enunciazioni, ma esperienze vere, siano testimonianze vive. Diversamente, “l’offerta dell’altra parte” pone solo una piccola clausola per “il loro miglior mondo possibile”, una bagatella: un kalashnikov o una cintura esplosiva.