Cultura dell’amnesia?
Scorrendo il calendario in questo periodo dell’anno, vi sono due ricorrenze importanti, la Giornata della Memoria, che ricorda la liberazione di Auschwitz il 27 gennaio 1945 ad opera dell’Armata Rossa, e il Giorno del Ricordo, dedicato alle vittime delle foibe e all’inizio dell’esodo giuliano dalmata alla fine della Seconda guerra mondiale. Denso è il calendario degli eventi e degli incontri, promossi dalle istituzioni e dalle associazioni. Per ricordare questi due momenti fondamentali della storia europea, ci si stringe intorno alla cultura della memoria, di fatto sempre più urgente, visto che ci si sta allontanando da quei momenti e i testimoni stanno progressivamente venendo meno.
Occorre chiedersi che cosa questo importante impegno culturale generi nella coscienza delle persone, in particolare nei più giovani. Vivendo a stretto contatto con gli studenti, lascia preoccupati vedere una generazione che ha una conoscenza superficiale della Shoah e in generale della memoria della Seconda Guerra Mondiale, quasi come se si trattassero di eventi collocati nella protostoria. La Shoah è spesso percepita come un avvenimento che ha riguardato solo la Germania e gli ebrei tedeschi, vaga è la conoscenza del pensiero e dell’opera di Primo Levi. Alla domanda avete letto “Se questo è un uomo?”, spesso la risposta è negativa. Le persecuzioni contro la comunità italiana in Istria e Dalmazia è, a sua volta, pressoché sconosciuta. Non va molto meglio sul versante dei visitatori adulti. Difficile non cogliere sui volti un certo disagio, quando si passa davanti alle Torah bruciate o quando si parla della Shoah, quasi un fastidio dettato dalla noia, quasi a dire: “Si parla ancora degli Ebrei? Ma basta!”
Una reazione simile si registra nei confronti dell’estremismo islamico: abbiamo mai provato a chiederci che cosa hanno generato, a livello di pensiero civile, tutte le bandiere francesi listate a lutto apparse sui social network? La risposta sarebbe sconsolante. Come ricordava Enzo Bianchi, in un’intervista radiofonica di qualche giorno fa, alla cultura della memoria si sta sostituendo una sempre più marcata cultura dell’amnesia, quasi come se ci fosse arenati nell’isola dei lotofagi, schiacciati in un eterno presente che non vuole più saperne della storia e tanto meno del futuro. Si sta assistendo ad una progressiva forma di autosegregazione: non è un caso che una delle opere più apprezzate da visitatori nel Museo Interreligioso sia una scultura che si intitola così, Autosegregazione, drammatica ed inquietante metafora della ragione che si contorce in sé stessa, di un’Europa che sta perdendo il suo essere spazio di speranza, costruito faticosamente sulle rovine delle ideologie del Novecento. Abbiamo bisogno di riscoprire l’umano, come ricorda papa Francesco, abbiamo bisogno di storia e di teologia, di carne e spirito, per disconnettere, per mettere off line il tragico vuoto dell’amnesia.